NICK MASON
IL RITMO IMMUTABILE DEI PINK FLOYD
Batterista e fondatore dei Pink Floyd, Nick Mason ha accompagnato ogni fase della band con il suo stile inconfondibile. È l’unico membro ad aver suonato in tutti gli album. Scopri la sua storia, la sua tecnica e il suo ruolo chiave nella leggenda del rock psichedelico e progressivo.

Nick Mason: il battito pulsante dei Pink Floyd
Quando si parla dei Pink Floyd, spesso i riflettori sono puntati su figure come Syd Barrett, David Gilmour o Roger Waters. Tuttavia, il cuore ritmico e l’unico membro presente in tutte le incarnazioni della band è Nick Mason. Più che un semplice batterista, Mason ha incarnato la costanza, la stabilità e una visione tecnica raffinata che ha dato equilibrio e forma alle sperimentazioni sonore del gruppo.
Con uno stile misurato ma profondamente espressivo, Nick Mason ha saputo adattarsi ai cambiamenti drastici nella musica dei Floyd, dal rock psichedelico delle origini alla grandiosità concettuale di album come The Dark Side of the Moon e The Wall. In questo articolo scopriremo la sua storia, la sua filosofia musicale e il suo contributo unico all’eredità del gruppo.
Gli inizi: dalla passione per le auto alla batteria
Nicholas Berkeley Mason nasce il 27 gennaio 1944 a Birmingham, Inghilterra, ma cresce nella Londra del dopoguerra. Figlio di Bill Mason, documentarista per la Shell, e di Sally Mason, cresciuto in un ambiente borghese e creativo, Nick si avvicina al mondo dell’arte e della musica durante gli anni del liceo.
La sua passione giovanile per le automobili — che coltiverà per tutta la vita — va di pari passo con quella per la musica. Frequenta la Regent Street Polytechnic (ora University of Westminster), dove incontra Roger Waters, Rick Wright e Syd Barrett, gettando le basi per quello che diventerà uno dei gruppi più iconici nella storia della musica.
Nel 1964 nasce così la prima formazione embrionale dei Pink Floyd: i Sigma 6. Mason, autodidatta alla batteria, si distingue per uno stile più concentrato sull’atmosfera che sulla velocità, un approccio che si rivelerà essenziale per il suono della band.
Il periodo psichedelico e le prime incisioni
Con la nascita ufficiale dei Pink Floyd nel 1965, Mason si trova catapultato nella scena londinese underground, dove il gruppo inizia a esibirsi nei club psichedelici come l’UFO Club. Il batterista, pur non essendo il più appariscente sul palco, gioca un ruolo essenziale nel sostenere le complesse improvvisazioni di Syd Barrett con il suo drumming preciso e ipnotico.
L’album di debutto, The Piper at the Gates of Dawn (1967), mostra già il tocco distintivo di Mason: tamburi profondi, ritmo incalzante ma mai invadente, e l’uso creativo dei piatti per creare atmosfere oniriche. La sua batteria funge da colonna portante anche nei brani più visionari come Interstellar Overdrive e Astronomy Domine.
Dopo l’uscita di Barrett e l’arrivo di David Gilmour, i Floyd iniziano un percorso più sperimentale. In album come A Saucerful of Secrets (1968) e Ummagumma (1969), Mason esplora nuove possibilità sonore, tra cui l’uso di percussioni non convenzionali e l’impiego dell’echo plate e del rototom.
Il contributo tecnico di Mason: meno è più
Nick Mason non è mai stato un batterista virtuosistico nel senso classico, ma ha sempre saputo mettere la sua tecnica al servizio della canzone. La sua sensibilità per la dinamica e l’equilibrio sonoro è ciò che ha permesso ai brani dei Pink Floyd di respirare, rendendo possibile la fusione tra musica e narrazione.
In Echoes, brano epico di Meddle (1971), il suo lavoro di batteria è esemplare: discreto ma sempre presente, Mason costruisce uno scheletro ritmico che regge le molteplici fasi del brano senza mai sovrastare gli altri strumenti. Anche in One of These Days, si nota un drumming ossessivo e incalzante, costruito su loop e delay — uno dei momenti più iconici della sua carriera.
Questa filosofia “minimal ma efficace” è ciò che ha permesso ai Pink Floyd di sperimentare, sapendo di poter contare su un fondamento ritmico solido e raffinato.
Il periodo d’oro: da Dark Side a The Wall
Gli anni ’70 rappresentano l’apice della carriera dei Pink Floyd, e con essi anche il consolidamento del ruolo di Nick Mason come batterista, produttore e architetto del suono. In The Dark Side of the Moon (1973), il lavoro di Mason è misurato, elegante, perfettamente calibrato per ogni sezione del concept album.
In tracce come Time, la sua intro di orologi e percussioni rappresenta uno dei momenti più iconici del rock progressivo. Il suo drumming, inizialmente sincopato e poi più diretto, accompagna la transizione tra riflessione e potenza, mostrando la sua capacità di raccontare storie anche solo con i tamburi.
In Wish You Were Here (1975), Mason si mette al servizio della narrazione malinconica e lirica, mantenendo un tempo stabile e rispettoso della delicatezza dei brani. Ma è con Animals (1977) che mostra un lato più aggressivo e ruvido, con rullate e break più decisi, allineandosi all’approccio più diretto voluto da Roger Waters.
Con The Wall (1979), album monumentale e teatralmente complesso, Mason affronta forse la sfida più grande: suonare in un’opera che alterna hard rock, ballate intime e brani orchestrali. Pur con alcune sovraincisioni di batteria realizzate da session men, Mason è presente in gran parte del disco e soprattutto nel tour successivo, che definisce come “il più difficile della sua vita”.
Producer, pilota e innovatore
Oltre alla musica, Nick Mason ha sempre coltivato altre passioni, prima fra tutte quella per le auto d’epoca e le corse automobilistiche. Membro attivo di numerose competizioni, possiede una delle collezioni di Ferrari storiche più prestigiose al mondo.
Nel frattempo, non ha mai smesso di contribuire al suono dei Floyd anche dietro le quinte. Ha partecipato alla produzione di diversi dischi e ha sempre mostrato grande interesse per la sperimentazione tecnica in studio, in particolare sull’uso di surround sound e registrazioni multitraccia avanzate.
La resilienza post-Waters: A Momentary Lapse of Reason e The Division Bell
Dopo la rottura con Roger Waters e la sua uscita dalla band nel 1985, i Pink Floyd continuarono con David Gilmour alla guida. Nick Mason rimase al suo fianco, nonostante un iniziale periodo di incertezza. Nel 1987, la band pubblicò A Momentary Lapse of Reason, un album che pur subendo critiche per la forte impronta “gilmouriana”, segna il ritorno di Mason dietro i tamburi e come membro attivo nella produzione.
Mason contribuì anche in The Division Bell (1994), in cui il suo stile torna a emergere con maggiore chiarezza. La sua batteria si fonde armoniosamente con i tappeti sonori di Richard Wright e le melodie di Gilmour, contribuendo a un suono più atmosferico e meditativo, che richiamava le radici storiche dei Floyd.
Durante questi anni, Mason è stato anche un elemento diplomatico tra le fazioni interne alla band. Ha mantenuto buoni rapporti con Waters e Gilmour, cercando sempre di mediare tra le forti personalità dei due leader, e mantenendo viva l’eredità dei Pink Floyd nel cuore dei fan.
La reunion del 2005 e la legacy
Nel 2005, in occasione del Live 8, i fan di tutto il mondo assistettero a un evento storico: la reunion dei Pink Floyd nella formazione classica, con Waters, Gilmour, Wright e Mason sullo stesso palco. Nick, emozionato e consapevole dell’unicità del momento, suonò con intensità e rispetto, dimostrando che l’essenza della band era ancora viva.
Dopo quella performance, Mason ha continuato a collaborare saltuariamente con Gilmour, mentre si è impegnato nella preservazione dell’eredità dei Pink Floyd. Il suo impegno si è manifestato non solo in termini musicali, ma anche curando mostre come The Pink Floyd Exhibition: Their Mortal Remains, di cui è stato promotore e guida appassionata.
Nel 2018, ha fondato il progetto Nick Mason's Saucerful of Secrets, con cui ha riportato in scena i brani del primo periodo floydiano, spesso dimenticati nei grandi tour. Un omaggio a Syd Barrett, ma anche una dichiarazione d’amore verso le radici più psichedeliche e sperimentali del gruppo.
Nick Mason oggi: oltre la leggenda
A più di cinquant’anni dal debutto dei Pink Floyd, Nick Mason rimane una figura fondamentale nella storia del rock. La sua presenza costante in ogni album della band ne fa l’unico membro ad aver attraversato tutte le fasi del gruppo, dalla psichedelia di The Piper at the Gates of Dawn alle ultime atmosfere di The Endless River.
Uomo di equilibrio, Mason è stato il legante silenzioso tra le forti personalità dei compagni, il custode della continuità sonora e storica della band. La sua carriera dimostra come non sia sempre necessario primeggiare per lasciare un segno profondo: basta essere essenziali, coerenti e appassionati.
Il suo contributo al sound floydiano è stato spesso sottovalutato, ma la sua influenza è oggi riconosciuta da musicisti e critici di tutto il mondo. Dai ritmi sincopati alle soluzioni dinamiche in studio, Mason ha elevato il ruolo del batterista da semplice accompagnatore a narratore musicale.
Un tributo necessario
Parlare dei Pink Floyd senza parlare di Nick Mason sarebbe un’ingiustizia storica. La sua dedizione, la sua eleganza stilistica e la sua capacità di innovare senza tradire l’anima della band lo rendono un esempio raro di umiltà e grandezza artistica.
Mentre continua a esibirsi e a custodire l’eredità dei Pink Floyd con Saucerful of Secrets, Mason ci ricorda che la musica è anche costruzione collettiva, ascolto reciproco e pazienza. E forse proprio per questo, nella sua apparente discrezione, Nick Mason è il vero cuore ritmico dei Pink Floyd.